“Il Lentini maestro impareggiabile”. Intervista all’arcivescovo Rocco Talucci

Eccellenza come immagina Domenico Lentini da giovinetto?

Lo immagino come un nostro ragazzo, un ragazzo povero, consapevole della sua povertà ma gioioso dell’amore dei suoi genitori. So che era il più piccolo dei fratelli. Conobbe presto il dolore, rimanendo orfano di madre e lo vedo premuroso con i fratelli, anche con il fratello Nicola, da tutti chiamato Sansone per la sua forza fisica che spesso sfociava in immotivata prepotenza sui fratelli più piccoli, prepotenze che il giovane Domenico faceva notare con decisa franchezza .Lo vedo anche come un esempio per i ragazzi più fragili di oggi, intimoriti, spaventati e, purtroppo, silenziosi quando si vedono derisi da altri coetanei apparentemente più duri e forti. Questi ragazzi vanno aiutati affinchè la loro “violenza” non diventi scelta di vita,ma si trasformi in una prospettiva più costruttiva. Per il giovanissimo Domenico la vocazione è stata la chiamata all’amore per il prossimo.

 

Qual è stato il suo ‘primo’ incontro con il ‘Venerabile’?

Da seminarista sapevo di un prete lucano chiamato “ Venerabile”, la cui causa sembrava giacere. Me ne parlava d. Mario Riccio, di Lauria, mio compagno di corso nel Seminario di Salerno. La nomina a vescovo di Mons. Vincenzo Cozzi nella mia diocesi mi ha consentito una conoscenza più completa. La mia chiamata a vescovo di Tursi – Lagonegro mi ha portato subito a visitare la sua tomba e a leggere la sua biografia. Mi sono reso conto della devozione forte nella sua Lauria ed ho notato anche la poca conoscenza in Basilicata. Da allora ho cominciato a pensare che la diocesi ,già denominata “dei due mari”, poteva essere riconosciuta diocesi“dei due santi” : sant’Andrea Avellino, nella zona di Tursi e il Venerabile Domenico Lentini nella zona di Lagonegro. Operavano la Fondazione e il Comitato intitolati a Lentini sia per la promozione della devozione popolare che per l’approfondimento culturale . Abbiamo rilanciato il cammino della preghiera per favorire la nostra maggiore imitazione e per chiedere la sua beatificazione.

 

Avrebbe mai pensato un giorno  di ‘presentare’ a San Giovanni Paolo II  il Beato Lentini?

Per me era tutto nuovo: un popolo da guidare, con cultura e tradizioni proprie, un clero numeroso con cui camminare, una nuova configurazione che abbracciava l’intera fascia del Meridione lucano, una nuova mentalità diocesana da sostenere unitaria nonostante le distanze geografiche e le varie diversità. Tutto questo non facilitava la previsione di una vicina e possibile beatificazione e né conoscevo il lungo iter della Postulazione, previsto dalla Chiesa. Successivamente mi sono messo in contatto con il Postulatore della causa per seguirne personalmente il cammino. La Beatificazione non è opera umana, non dipende dalla intraprendenza delle persone, ma è opera di Dio, perchè solo un miracolo consente il riconoscimento della santità di un uomo. Mai pensavo ad un dono del genere, certo me lo auguravo. Il riconoscimento del miracolo l’ho condiviso con il Vicario mons. Vincenzo Orofino, oggi Vescovo del Lentini e con mons. Giuseppe Cozzi,allora Cancelliere della diocesi ed oggi Cancelliere del Tribunale ecclesiastico regionale. Ancora adesso non credo ai miei occhi per essere stato il Vescovo che in Piazza S. Pietro ha chiesto ufficialmente al papa Giovanni Paolo II la Beatificazione del nostro Venerabile. Non a tutti i vescovi accade ciò. Sia gloria alla S.S. Trinità.

 

‘Prete e basta’, ‘Sacerdote essenziale’ queste le caratteristiche  di una persona che visse pienamente il suo tempo partecipando anche alle tragedie della sua comunità…

Prete e basta, sacerdote essenziale, prete senza aggettivi, prete secondo Dio, prete in mezzo al popolo, uomo di Dio,uomo degli uomini. Non era l’arciprete, non è stato parroco nè canonico. E’ stato accanto alle figure istituzionali, ma da prete libero, libero di essere prete fino in fondo ed in ogni momento, prete predicatore, confessore ed educatore. Non prevaleva in lui la rinuncia a compiti , ma la scelta di essere prete a gloria di Dio, a servizio della Chiesa per la speranza del popolo, anche al di fuori dei confini diocesani. Presente nelle tragedie che hanno afflitto la comunità, ma solo per assicurare una presenza e piantare la croce come segno di perdono e di pace.

 

Rispetto all’oggi vi è stato un tempo in particolare nel quale la Chiesa insisteva sugli aspetti della penitenza… la vita in quei tempi non era facile, perché ciò avveniva?

La penitenza è una virtù cristiana legata all’esperienza della passione di Gesù. Significa pentimento, purificazione, accettazione della croce, sacrificio per compiere un bene. E’ comunque una somiglianza a Gesù sofferente per amore, col desiderio di preferire la volontà di Dio sulla propria. Le forme esterne possono essere tante. Il digiuno, per esempio, o l’astinenza ,è una forma suggerita dal vangelo. Oggi sono tempi diversi -si dice- tempi legati al piacere, al consumismo e all’ edonismo. E sembra anacronistica la penitenza visibile. Non sfugga però che il piacere scompare presto perché effimero per natura, e poi viene delusione, fallimento, vergogna, disperazione. La vera penitenza è quella dello spirito, cioè la conversione del cuore, il cambiamento di vita, una scelta convinta del Vangelo. La penitenza, come la preghiera, impegna il corpo e l’anima, cioè tutta la persona. Se però la penitenza non allontana da atteggiamenti viziosi non è penitenza cristiana.

 

Ad un nostro ideale interlocutore adolescente, tutto smartphone e I-Pad consiglierebbe una settimana di black out dai Social?

Ad un interlocutore dodicenne vorrei dire che un modello antico, con un ritocco, può divenire una scelta da seguire nel presente. Il Beato Lentini è il cristiano capace di grandi rinunce e protagonista di grandi scelte, pari ad un atleta capace di rinunce, per realizzare un progetto: non teme la rinuncia o il sacrificio chi si sente chiamato a cose belle e grandi. In definitiva chi vuole progettare un bene affronta i costi necessari. Un adolescente che ha un sogno saprà camminare per realizzarlo e saprà rinunciare a tutto ciò che potrebbe impedirglielo. Per riuscire è importante allenarsi in cose libere, per essere poi pronto, quando sarà necessario, alle cose difficili. Un digiuno dai social, oggi, può costare molto di più del digiuno effettuato dal Lentini. Chi sa privarsi anche di cose buone, per libera scelta, saprà certamente privarsi di cose cattive che ostacolano il suo cammino vocazionale. Noi cristiani non siamo chiamati alla rinuncia bensì alla scelta del bene: la rinuncia è un mezzo per raggiungere lo scopo. E, aggiungo, che ogniblack out ,deciso liberamente, rende più forte la nostra volontà.

 

Secondo lei, il Lentini oggi avrebbe un profilo personale su Facebook?

Sarebbe facile dire di sì per allinearlo alla modernità: io però non credo a questo. La sua essenzialità non lo ha mai portato a forme estemporanee. Il suo era un rapporto diretto: incontrava le persone, le guardava in faccia e parlava del Vangelo e stendeva la mano per benedire o per consegnare un pane. Richiamava sempre alla persona di Cristo, non alla propria. Non contava lui, contava solo Gesù il Salvatore.

 

Quali episodi legati al Beato porta nella sua mente e nel suo cuore?

Più che episodi mi restano impressi nella mente e nel cuore gli atteggiamenti caratterizzanti la sua missione, e cioè la passione per l’annuncio della Parola, l’arte di educare i giovani , la generosità nel dare ai poveri, la scelta del Signore come unico suo tesoro e il desiderio di confessare per far tornare i fedeli nella grazia di Dio.

 

E’ vero che nella sua cappella privata ha un’immagine del Lentini che venera in maniera particolare?

Sì , è vero. Il disegno che il pittore Emilio Larocca ha preparato come modello dell’attuale pala esposta sull’altare dedicato al Beato nella chiesa di San Nicola, è il ricordo più caro che conservo davanti ai miei occhi. L’immagine, che ovviamente ha dimensioni più piccole, la venero nella mia cappella privata. Sotto il quadro ho la foto con S. Giovanni Paolo II, a cui rivolgo il ringraziamento della diocesi per l’avvenuta Beatificazione. E’ molto più di una semplice memoria storica.

 

E’ ancora attuale la figura di don Domenico? Può dire di importante anche ai giovani d’oggi?

E’ facile dire che non è attuale la figura del Beato Lentini, se ci riferiamo alle scelte legate al suo tempo, ma se consideriamo le coordinate di fondo che caratterizzano la vita di un uomo e di un prete e rendono la sua una vita riuscita, allora possiamo affermare che la sua figura è attualissima. Le coordinate che vedo nelle varie fasi della vita, sono le seguenti: Lentini è un ragazzo che si interroga sul futuro per capire la sua vocazione; sceglie il Vangelo come proposta di vita; si inserisce nelle vicende sociali perchè si affermi la libertà; scopre l’amore agli ultimi come scelta di giustizia e fraternità; non teme la morte perchè crede nella vita; non cerca le cose buone , che passano, ma il Sommo Bene che rende buone le cose e non passa mai; si muove tra i tanti limiti umani perchè spera nell’infinito; spende la sua vita nella certezza di ritrovarla. Le forme di vita del Lentini possono apparire oggi anacronistiche, ma lo spirito che le animava è uno spirito giovane, uno spirito valido in ogni tempo e in ogni persona.

 

I santi che ruolo hanno nella chiesa? Spesso vengono invocati per i miracoli ….. non e’ riduttivo?

Santi si diventa. La vita santa inizia con il Battesimo che rende figli di Dio, seguaci di Gesù, amici dello Spirito.

Questa santità iniziale cresce col cammino educativo, nell’esercizio dell’amore a Dio e al prossimo, docili alla parola del Vangelo, dal cui ascolto nasce la fede. La santità è la riuscita della vita cristiana. A volte si viene meno, ma ci si può riprendere. La perseveranza è la garanzia della santità, a cui tutti siamo chiamati, nel rispetto del nostro stato e della nostra vocazione. I santi sono modelli veri di vita, testimoni autentici. Vanno invocati non per pretendere miracoli ,ma per essere aiutati alla loro imitazione: sono riusciti loro, possiamo riuscirci anche noi. Diciamo che è molto riduttiva l’invocazione per ricevere un miracolo. E’ senz’altro cosa buona e forse interessata. Ma i santi dobbiamo vederli vere luci o astri che guidano il cammino di perfezione.

 

Papa  Francesco invita ai piccoli gesti quotidiani: dal rispetto dei nonni, alle attenzioni verso i genitori. Come la Chiesa può entrare in sintonia con i tempi nuovi?

I piccoli gesti quotidiani sono belli perchè possibili sempre e a tutti. Le grandi cose sono per pochi, ma sempre relative alla vocazione di ciascuno. Di piccole cose belle, buone, vere, davanti a Dio e davanti agli uomini, possiamo riempire le nostre giornate e i nostri spazi. Far respirare aria di santità assicura un clima nuovo, un respiro di vita sana, a partire dalla famiglia, considerata la prima chiesa, la chiesa domestica La Chiesa spinge a valorizzare i tempi nuovi per capire quali sono le nuove povertà da superare o i nuovi poveri da aiutare. Vanno studiate quali sono le nuove risorse e le nuove possibilità per maturare le migliori risposte per il bene di tutti e per creare la vera speranza cristiana e la vera civiltà dell’amore.

 

L’Arcivescovo Rocco Taluci ha servito le diocesi di Tursi-Lagonegro e Brindisi-Ostuni

 

Il monumento al Lentini nella villa comunale del rione Superiore di Lauria

 

 

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